Una maternità inaspettata, il diritto di scegliere in modo responsabile senza condizionamenti esterni, la libertà di decidere se vivere o morire, il dilemma se dare la vita oppure no: tutto ciò in poche ma intense pagine, forti come la personalità dell'autrice.

Cos'è la maternità? Un atto dovuto? Una scelta libera e personale? Un gesto altruista oppure egoista? Gli interrogativi che la assalgono sono tanti, comuni forse a tutte le donne nella stessa situazione, ma che poche hanno il coraggio di affrontare, preferendo comportarsi come la gran parte del mondo si aspetta dal gentil sesso e adeguarsi allo stereotipo di donna-moglie-madre.
La vita è difficile, dura, a volte crudele: sarà giusto porre un bambino di fronte a questa realtà? Chi deve decidere, lui o la madre? E anche se fosse lui a decidere, può imporsi al punto da costringere lei ad annullarsi, a rinunciare al proprio ideale di vita, alla propria carriera, a condurre il suo tempo come una semplice incubatrice?
La protagonista sceglie di portare avanti la gravidanza, ma sceglie anche di essere se stessa, cioè una donna sola e indipendente, di vivere questa esperienza come un evento assolutamente naturale, senza rinunce, e così parte per un viaggio di lavoro che purtroppo annuncia il triste epilogo contenuto nel titolo del libro. Intorno a lei ruotano una serie di personaggi, gli anziani genitori, il compagno che prima la abbandona e poi tenta un riavvicinamento, il medico bigotto e proibitivo, la ginecologa moderna e coraggiosa, una sua amica, che costituiranno la giuria di un tribunale immaginario di fronte al quale viene processata e esposta al pubblico giudizio per la sua condotta.
Il libro è in sostanza uno sfogo sofferto e autobiografico, un capolavoro, a mio parere, riuscito, un invito alla riflessione.
" A chi non teme il dubbio, a chi si chiede i perché senza stancarsi e a costo di soffrire, di morire. A chi si pone il problema di dare la vita o negarla, questo libro è dedicato da una donna per tutte le donne."
- Oriana Fallaci -
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